La
notizia della copertina di Rolling stone
dedicata a papa Francesco è finita su tutte le testate, creando quel solito
effetto "marcia delle pecore " con quasi tutti i media rigorosamente
e disciplinatamente allineati a riportare la buona notizia.
Sicuramente
in sé lo è: papa Francesco, con il suo stile, sta conquistando le attenzioni di
ambienti tradizionalmente disattenti verso la Chiesa, attratti da quegli
atteggiamenti così spontanei e immediati, fuori dai tradizionali schemi
pontifici e più affini, semmai, a un amato e amabile parroco.
Sin qui
tutto bene, piuttosto i motivi di riflessione sono due: uno relativo al
contenuto dell'articolo e l'altro, conseguentemente, all'atteggiamento tenuto
dai mezzi di informazione.
I
lettori della rivista americana che hanno desiderato andare al di là di quella
copertina, dall'esplicativo titolo "The Times They Are A-Changing"
che riprende una delle più celebri canzoni di Bob Dylan, hanno trovato una
sconcertante sommatoria di banalizzazioni sulla figura di Francesco, come se fosse
un prodotto da commercializzare sul mercato, ad uso e consumo di tutti, senza
effetti collaterali.
Un
"prodotto" al cui cospetto non reggono quelli concorrenti ed ecco il
solito antipatico paragone con papa Benedetto XVI che ha avuto come unica "colpa"
quella di essere persona timida e riservata e non certo di aver condotto un
"disastroso pontificato" come invece si legge.
È ovvio
che dinanzi a simili valutazioni, dettate principalmente dall'impatto mediatico,
finisce per essere mortificato innanzitutto il messaggio evangelico (lo stesso
da sempre e quindi anche con Francesco e con Benedetto) ma anche la figura di
un papa che sta apportando un considerevole contributo al cammino della Chiesa.
Un cammino che non procede per salti ma sui passi dei predecessori, verso una
continua testimonianza ed evangelizzazione, capace di dare risposte alle
domande e alle problematiche dell'uomo di oggi: Francesco dopo Benedetto,
Benedetto dopo Giovanni Paolo II, Giovanni Paolo II dopo Giovanni Paolo I,
Giovanni Paolo I dopo Paolo VI, Paolo VI dopo Giovanni XXIII e così via, a
ritroso nella storia.
A
richiamare l'attenzione su questo articolo da giornalisti alle prime armi, privi
di curiosità ed estranei alla documentazione, ci ha pensato in maniera decisa
padre Federico Lombardi , direttore della Sala Stampa della Santa Sede, che ha
rimarcato come quel servizio "si squalifica cadendo nell'abituale errore
di un giornalismo superficiale, che per mettere in luce aspetti positivi di papa
Francesco pensa di dover descrivere in modo negativo il pontificato di papa
Benedetto, e lo fa con una rozzezza sorprendente". Un giudizio senza
tentennamenti o mezzi termini, rimarcando anche come "non è questo il modo
di fare un buon servizio neppure al papa Francesco, che sa benissimo quanto la
Chiesa deve al suo predecessore".
Gli
aspetti di riflessione, dicevo, sono due e il secondo è strettamente correlato
a questo: la maggior parte dei mezzi di informazione ha "celebrato"
l'approdo su Rolling stone senza
minimamente entrare nel merito di quanto scritto.
Un'operazione che troviamo
invece nelle testate di matrice cattolica, ovviamente attente ai contenuti e
pronte a controbattere a questa operazione da mercato dell'usato.
La
questione impone molte domande, a partire dalla constatazione di come a
prevalere sia sempre l'immagine e non la parola attraverso la quale viaggiano gran
parte dei contenuti.
Il
fatto del giorno, dunque, è quella copertina sulla cui soglia si sono arrestate
la curiosità ma soprattutto l'amore per la verità.
Articolo pubblicato da La Perfetta Letizia
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